“Come le api volano quando vola l’ape regina e si posano quando questa si posa, così i sensi rimangono inibiti quando la mente è inibita”.

Come più volte detto nel corso, la concentrazione sensoriale non significa, non sentire nulla, ma togliere l’aggancio tra il mio sentire quello o questo, il non identificarmi con questo o quello, il non dargli più nome e forma.

Patanjali divide il Raja Yoga in due parti, una composta dai primi cinque anga, che riguardano l’etica del candidato, quello che deve fare: il controllo del corpo, del respiro e dell’energia che scorre nel corpo sottile. Questa parte della disciplina è definita Yoga esterno in quanto agisce prevalentemente sul lato esteriore del praticante. La seconda parte del Raja Yoga, chiamata Yoga interno, è formata dagli ultimi tre anga, ed è così detta in quanto conduce lo yogin al massimo grado di introspezione.

Il pratyahara, quinto anga, svolge pertanto, all’interno del Raja Yoga, una funzione di cerniera tra la pratica che agisce sulla componente fisica ed energetica e quella che lavora invece sulla mente del praticante.

Patanjali definisce così questo anga (Y.S. II,54): “Quando i sensi non sono più a contatto dei rispettivi oggetti e sembrano imitare la natura della mente (quando è calma e controllata), ciò è chiamato pratyahara”.

Concetto ribadito da Vyasa nel suo commentario con un esempio efficace: “Come le api volano quando vola l’ape regina e si posano quando questa si posa, così i sensi rimangono inibiti quando la mente è inibita”.

Pratyahara significa letteralmente “rifiuto di afferrare”, rifiuto che si manifesta con l’impossibilità da parte dei sensi di afferrare con i loro tentacoli i rispettivi oggetti. Ma attenti bene, non bisogna pensare che questo anga possa agire come un interruttore, scollegando a piacere la coscienza dell’individuo dagli oggetti dei sensi.

Pplratyahara non è una tecnica ma una condizione mentale ed interiore (bhavana) cui si perviene grazie alla pratica dei quattro anga precedenti e vivendo in modo tale da creare le condizioni mentali più favorevoli all’interiorizzazione. Cosa che non è possibile se non si ha il controllo del proprio corpo e del prana che lo anima, se non si conduce una vita tranquilla ed equilibrata, priva di stimoli eccessivi a livello emotivo e sensoriale.

Occhio quindi a cosa introiettare nella mente e nel cuore. Come diceva anche il Cristo: “non c’e’ nulla che contamini da fuori, quanto da dentro”.

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